Sono intervenuto al convegno “Infanzia e adolescenza – pensiero e ambiente” parlando di matematica e degli inaspettati agganci con il mondo dei ragazzi. Qui trovate il programma della giornata e le mie slide.
L’Associazione Montessori Italia Europa (AMITE) in collaborazione con “Il Quaderno Montessori” vi invita alla conferenza:
“INFANZIA e ADOLESCENZA – pensiero e ambiente”
Presso la Fondazione Ambrosiana – via S. Antonio 5, Milano
Sabato 14 novembre 2009 — ore 9:00 – 13:00
ore 8:45 | Accoglienza dei partecipanti |
ore 9:00 | Marco Maiello – Presidente dell’AMITE, Milano Un saluto ai partecipanti: la nostra Associazione piccola, ma in crescita… |
ore 9:15 | Edoardo Boncinelli – Docente di Fondamenti biologici della conoscenza presso l’Università Vita-Salute S. Raffaele di Milano Le due nascite della nostra mente |
ore 10:00 | Eva Maria Ahlquist – Docente e
ricercatrice presso l’Università di Stoccolma L’ambiente di apprendimento per l’adolescente |
ore 10:45 - 11:15 | Pausa |
ore 11:15 | Mario Valle – Visualization Scientist, presso il Centro Nazionale Svizzero di Supercalcolo La matematica? Non è come pensate! |
ore 12:00 | L’esperienza della Scuola Media statale “Amleto Livi” di Milano |
ore 12:45 | Grazia Honegger Fresco – Co-direttrice de “Il Quaderno Montessori” Conclusioni dell’incontro |
Coordina i lavori Clara Tornar dell’Università Roma Tre |
“Nessuna descrizione, nessuna immagine di libro può sostituire la visione reale degli alberi di un bosco con tutta la vita che si svolge attorno ad essi. Si sprigiona da questi alberi qualcosa che parla all’animo, qualcosa che nessun libro, nessun museo potrà mai rendere. Il bosco che vediamo rivela che non sono soltanto gli alberi a esistere, ma tutto un insieme di vite; e questa terra, questo clima, questa potenza cosmica sono necessari a tutte queste vite perché possano svilupparsi. Questa miriade di vite intorno agli alberi, la loro maestà, la loro varietà sono qualcosa che bisogna andare a scoprire e che nessuno può portare all’interno della scuola”.
Maria Montessori
Da Dall’infanzia all’adolescenza, 1939
II ed. Franco Angeli 2009, p. 54
Buongiorno!
“… che non ha il polso di un matematico” cantava Francesco Guccini parlando di sé in una nota canzone.
E così ci cantano i nostri figli, allievi e studenti quando è in ballo la matematica.
Non siamo capaci… la matematica è arida… è difficile… è lontana dai nostri interessi e, soprattutto, non vediamo un nesso fra la matematica che ci insegnano ed il mondo reale al di fuori della scuola.
Per non parlare di come la matematica viene insegnata nelle nostre scuole. Sembra quasi che da grandi i ragazzi per professione debbano diventare “moltiplicatori di polinomi” oppure “semplificatori di frazioni”.
Io non sono matematico di professione e neppure un pedagogista, ma…
…in questa breve chiacchierata, partendo da quello che faccio e che vedo nel mio lavoro, cercherò di farvi scoprire che la matematica è ben altro rispetto a quello che crediamo di vedere a scuola e che la matematica la possiamo trovare anche in cose che apparentemente non c’entrano nulla.
Io lavoro al Centro Nazionale Svizzero di Supercalcolo (CSCS) che ospita alcuni…
…dei più veloci supercalcolatori del pianeta.
Per esempio Monte Rosa, che è il 21esimo calcolatore più potente al mondo (lista Top500 di novembre 2009), contiene più di 22.000 processori, quanti se ne possono trovare in una piccola cittadina come Varese (1 PC ogni 4 persone mi sembra ragionevole).
Ma di per sé un supercalcolatore non è che sia molto interessante…
…i suoi armadi sono strapieni di cavi e lucine lampeggianti ed il suo sistema di raffreddamento fa un rumore infernale.
Ma per i ricercatori utenti del Centro è semplicemente un laboratorio…
…dove possono creare galassie mentre vedo scorrere miliardi di anni in poche ore…
…dove possono causare incidenti terrificanti senza che si faccia male nessuno…
…oppure dove possono dare il via alla mortale avanzata dell’Alzheimer senza che un solo neurone ne soffra…
…e dove possono far scoppiare stelle e crearsi la propria, personale supernova.
Ma loro sanno che l’obiettivo di questo laboratorio non è giocare o creare solo dei bei filmati e delle belle immagini. Come ci ricordava più di quaranta anni fa un pioniere del calcolo, Richard Hamming…
…scopo del calcolo è la comprensione, la scoperta, non i numeri. La matematica non è fine a se stessa (i matematici professionisti mi perdonino). E questo lo dobbiamo capire noi e chiunque studi matematica.
Io e il mio gruppo cerchiamo di aiutare questi ricercatori, di rendere più facile la comprensione e la scoperta adattando i numeri…
…alle possibilità della loro percezione visiva. Ma perché?
Perché noi abbiamo un supercalcolatore personale nella nostra testa, o meglio, dietro ai nostri occhi: il nostro sistema di percezione visiva.
Un supercalcolatore allenato ed affinato da milioni di anni di evoluzione e di difficile sopravvivenza, in cui riconoscere se certe macchie sotto un albero fossero di un predatore era alquanto “interessante” per arrivare vivi a sera.
Oggi noi non dobbiamo fuggire dai predatori, ma certe regolarità, certe strutture nel mondo attorno a noi continuiamo a riconoscerle immediatamente, senza sforzo cosciente e senza doverci ragionare su.
Regolarità e strutture nascoste nei nostri dati e riconoscibili immediatamente appena i numeri ed i dati astratti vengono rappresentati in forma visibile e sensibile.
Guarda, guarda. Ma non è proprio quello che avviene con i materiali Montessori? I bambini possono toccare le lettere, sentire la loro smerigliatura, vedere i numeri e le operazioni su di essi.
Torniamo ai supercalcolatori. Questo è Palu, il più vecchio supercalcolatore del centro. Vecchio nel senso che ha ben due anni, pensate un po’. Occupa più spazio di Monte Rosa, anche se è 22 volte meno potente.
Allora, mi domanderete, che cosa significa utilizzare un supercalcolatore per la ricerca? Partiamo dall’inizio.
Un ricercatore vuole, per esempio, studiare il flusso dell’acqua sulle pale di una turbina idroelettrica Pelton. Questo filmato ad altissima velocità mostra il getto d’acqua ed il rotore della turbina con le sue palette. Oltre al fenomeno in esame, ci sono tanti dettagli non essenziali, come gli schizzi e gli spruzzi d’acqua.
Lo scienziato parte dalle leggi che esprimono il comportamento del fenomeno sotto esame, spesso scritte nel linguaggio terso della matematica che, con pochi simboli, esprime idee e leggi molto complesse. Qui è rappresentata la legge di Navier-Stokes che governa il moto dei fluidi incomprimibili, come l’acqua. La matematica mi permette di dire tutto in una linea, mentre se dovessi esprimerlo a parole, forse non mi basterebbe una pagina intera.
Il difficile inizia quando devo trasformare questo concentrato di leggi in qualcosa che un calcolatore possa capire.
Per prima cosa dovrò dimenticarmi delle belle curve lisce e regolari che vedo sui libri di testo. Le devo spezzare, discretizzare come si dice, in insiemi di punti che posso passare al calcolatore sotto forma di tabelle, a lui più congegnali.
Poi dovrò tradurre gli operatori matematici in sequenze di operazioni elementari come somme e moltiplicazioni.
Infine dovrò considerare le approssimazioni e gli errori inevitabili quando passo da curve astratte ad insiemi di punti.
Il risultato di tutto questo lavoro è la possibilità di simulare il fenomeno sotto studio concentrandosi sulla parte di interesse senza distrazioni da parte di fenomeni collaterali.
In tutto questo, a mio avviso, c’è un concetto sicuramente interessante: quello di modello. Un modello matematico semplifica ed astrae solamente gli aspetti di interesse per l’analisi in corso e rimuove i dettagli non essenziali.
Per esempio per l’analisi della tenuta di strada del prototipo in figura (Università degli Studi di Padova – Facoltà di Ingegneria – Modellistica e Simulazione dei Sistemi Meccanici. Progetto studenti: Threelo) non importa se nel modello ci sono il fanale o il sellino.
La stessa cosa capita con i materiali Montessori. Ognuno di essi isola una ed una sola caratteristica. In questo modo il bambino non si distrae o confonde, ma si focalizza sulla singola caratteristica che il materiale vuole trasmettere.
Tornando al lavoro del centro di calcolo, non simuliamo solamente sistemi fisici, che posso comprendere od immaginare nella mia mente. Qui si simula lo strappo di un foglio d’oro…
…qui invece la pressione dell’aria sul corpo di un aereo sperimentale della NASA. Queste simulazioni non sono così estranee alla nostra comprensione, anche se non siamo degli specialisti.
Spesso i dati che analizziamo non riusciamo proprio ad immaginarli, ma per questo non sono meno interessanti, anzi…
…spesso mi capita di dovermi muovere quasi fossi in un mondo di fantascienza. Avrete forse letto dei racconti su “universi paralleli”, “dimensioni nascoste”, “alieni dalla quarta dimensione” e così via.
Per capire questo strano angolo della matematica, partiamo dal vedere che cosa si intende per dimensione.
Si dice che un punto ha dimensione zero.
Certo, se mi trovo su quel punto, non ho bisogno di aggiungere altro per dire dove mi trovo.
Ora allunghiamo il punto ed otteniamo una linea che ha dimensione uno…
…perché per indicare dove mi trovo sulla linea ho bisogno di un numero, la distanza da una data estremità.
Ora stiro la linea fino ad ottenere una lasagna, una superficie.
Questa ha dimensione due, ho bisogno cioè di due distanze per indicare dove mi trovo. L’esempio più semplice è quello di una cartina, dove ho bisogno di latitudine e longitudine per dare la mia posizione.
E continuiamo. Inspessisco la lasagna ottenendo un volume che tutti sanno ha dimensione tre…
…perché ho bisogno di tre numeri per indicare la mia posizione nello spazio. Per esempio, in un palazzo ho bisogno di indicare, oltre a latitudine e longitudine anche il piano dove mi trovo.
E poi? Posso stirare il volume per ottenere qualcosa in quattro dimensioni? Certo! Peccato che il nostro mondo di dimensioni ne abbia solo tre e la quarta proprio non ci sta.
E non salti su il saputello parlandomi delle quattro dimensioni della relatività di Einstein. Qui mi servono quattro dimensioni spaziali, il tempo, ovvero la quarta dimensione della relatività è piuttosto speciale.
In tre dimensioni l’unica cosa che possiamo vedere è l’ombra che lascia il nostro oggetto quadridimensionale.
Eccola qui l’ombra di un cubo quadridimensionale mentre ci ruoto attorno una luce.
Stupiti di vedere un’ombra tridimensionale? Ma pensate che se l’ombra di un cubo tridimensionale è bidimensionale, allora l’ombra di un cubo quadridimensionale sarà appunto tridimensionale.
Nota: un lavoro interessante sul concetto di dimensione si trova su: Cubi, ipercubi e…
Posso andare su con le dimensioni? Certo! Ma si allontana sempre più la speranza di poter immaginare e vedere questi strani oggetti.
La matematica mi da molta libertà ma, direte voi, che cosa c’entra tutto ciò con i miei problemi quotidiani? Sbagliato!
Pensate a quando cercavate un’auto da comprare. Potete immaginare le auto come punti in uno spazio a varie dimensioni, dimensioni che possono essere: il costo, la cilindrata, i consumi, la velocità massima, ecc. Questo insieme di numeri in un certo senso identifica un punto in questo strano spazio, cioè l’auto con quelle caratteristiche.
In un tale spazio, anche se non riusciamo a vederlo, è semplice immaginare che le auto di lusso, o meglio i punti che le rappresentano, siano raggruppate in una zona dello spazio e le utilitarie in un altro.
Nel mio lavoro, dicevo, questi spazi sono interessanti e comuni. Per esempio sto ora studiando un gruppo di circa diecimila cristalli, ognuno dotato di sette caratteristiche distintive. Posso pensare quindi ad ogni cristallo come ad un punto in uno spazio a sette dimensioni.
Che cosa mi interessa vedere di questo spazio? Se ci sono raggruppamenti particolari, relazioni interessanti fra le caratteristiche di questi punti, per esempio.
Una cosa che posso fare è schiacciare lo spazio lungo varie direzioni e guardare cosa mi rimane. Come vedete ci sono dei raggruppamenti, delle curve. Certo, da qui a capire che cosa significano ne passa, ma vedere è già un buon punto di partenza.
Ancora la matematica, o meglio la geometria, ci viene in soccorso. Trasformando i punti in linee, la tecnica delle “coordinate parallele” ci permette di dare direttamente un’occhiata alle dimensioni superiori. Qui sto guardando una sfera a 18 dimensioni. Certo, l’immagine è un po’ appannata, ma mi permette di capire qualcosa…
…per esempio quando, come qui, è stata tagliata una fetta alla sfera.
Per un’introduzione più letteraria al tema degli spazi a molte dimensioni, vi consiglio di leggere Flatlandia; un libro scritto fra l’altro da un pedagogista. Questo romanzo racconta di un mondo a due dimensioni, dove gli uomini sono dei quadrati, i saggi dei poligoni, i sacerdoti dei cerchi… e le donne dei segmenti. Satira della società del tempo.
Un giorno in questo mondo entra una sfera ed il protagonista scopre così che esistono delle dimensioni superiori. Se il libro vi appassiona, leggetene il sequel che si intitola Flatterlandia che invece è scritto proprio da un matematico.
Torniamo al mio lavoro. Ultimamente ho a che fare con personaggi peculiari: i cristallografi.
Una cosa che i cristallografi studiano è come la forma visibile dei cristalli, come questo mostruoso cristallo di quarzo, viene determinata dalla disposizione microscopica degli atomi.
Per questo parlano di simmetrie, di tipi di celle unitarie e così via, senza dimenticarsi una buona dose di matematica.
Dal mio punto di vista, quello di rendere visibile l’invisibile nascosto nei numeri, cosa significa?
Vediamo un esempio concreto. Questo è un povero, solitario atomo di carbonio. Il cristallografo mi dice che devo applicargli una simmetria di tipo Fd3m.
Che significa prendere quel singolo atomo e replicarlo, secondo le leggi matematiche della simmetria richiamate dalla misteriosa sigla, cioè traslandolo, ruotandolo, riflettendolo, fino ad ottenere questa disposizione, un po’ più affollata.
Che poi viene replicata come avviene nei veri cristalli più e più volte in tre dimensioni fino…
…ad ottenere il diamante che tutti conoscono e tutte vorrebbero. Certo, un diamante da 140 carati è un poco impegnativo, ma anche con quelli più piccoli il discorso non cambia.
E non cambia nemmeno con oggetti più abbordabili come i fiocchi di neve in cui la simmetria a livello atomico si riflette nella simmetria che vediamo quasi ad occhio nudo.
Le simmetrie e le loro leggi non le troviamo solamente nei cristalli. Le troviamo anche nell’architettura e tutto intorno a noi, perché noi umani siamo attratti dalle simmetrie.
Per esempio l’Alhambra di Granada è uno scrigno pieno di simmetrie, incominciando da questa foto, con la sua simmetria speculare data dalla riflessione nella fontana.
L’Alhambra è poi un meraviglioso esempio in cui si fondono matematica, cultura araba, storia, arte… Possiamo ancora dire che la matematica sta sempre per conto suo?
Ogni parete dell’Alhambra è decorata da arabeschi che si ripetono nello spazio e che mostrano svariati tipi di simmetrie. Tra l’altro sappiate che esistono solo 17 diversi tipi di simmetrie per un disegno piano. E là ci sono tutti.
Comunque non occorre viaggiare fino a Granada per ammirare le possibilità delle simmetrie. Basta uno sguardo ai pavimenti, ai marciapiedi e ai muri. Insomma, basta guardare e non limitarsi a vedere.
Per capire come lavorano i matematici che studiano le simmetrie e la storia dei matematici che hanno fondato questo campo di studio, vi consiglio il libro “Il disordine perfetto”. Racconta, per esempio, la triste storia di Galois, che con la sua teoria dei gruppi è alla base di tutto lo studio delle simmetrie, che ha messo per iscritto la sua teoria la notte prima di morire in duello. Scrivere certo non ha giovato alla sua sopravvivenza.
Ora mi potreste obiettare: ma la matematica che insegniamo a scuola serve per dare il vocabolario di base ai ragazzi.
E ribatto: non è il vocabolario che manca, sono i contenuti e la passione e l’interesse che devono essere più presenti.
Per esempio il famoso matematico indiano Ramanujan ci ha lasciato tre taccuini pieni zeppi di risultati e teoremi scritti con simboli inventati da lui, che mancava di un’educazione formale alla matematica. Stessa cosa ci racconta Feynman, il premio Nobel: trovava i simboli matematici noiosi e confusi, per cui aveva inventato i suoi.
In fondo la matematica è un linguaggio con la sua sintassi e le sue regole. Le lingue servono per esprimere idee e concetti e questi sono il fine, non lo scrivere in sé, credo.
Ritornando all’obiezione, ritorno pure alla scuola Montessori. Ai bambini piccoli non si fa didattica della matematica, ma loro stessi provano e riprovano e si correggono e così acquisiscono il vocabolario e i concetti matematici. Come il bambino della foto che al Nido, cercando di infilare anelli piccoli su bastoni grandi, acquisisce il concetto di dimensione relativa.
Altra obiezione: la matematica tratta entità astratte che si possono afferrare con la mente, non con i sensi. Concordo, ma qui non siamo ad un simposio della Società Matematica Italiana. Stiamo parlando di studenti e bambini che devono imparare ad amare la matematica, capire cosa c’è dietro, prima di avventurarsi nell’Empireo dell’astrazione.
Non dimentichiamo poi che la matematica è nata per risolvere problemi quotidiani: contare pecore o calcolare l’area dei campi.
Anche volendo introdurre qualche simbolo, la matematica parte dai numeri naturali, quelli che usiamo per contare, e piano piano li estende per rimuovere limitazioni o rendere possibile nuove operazioni: dai numeri naturali passo a quelli interi, poi ai razionali, poi ai numeri reali (o irrazionali), poi ai numeri complessi (che fastidio, non poter fare la radice quadrata dei numeri negativi! Estendiamo la definizione dei numeri in modo che divenga possibile) e così via.
Questo succede per tanti —tutti— gli oggetti matematici. Ognuno di essi si basa su qualcosa di reale e concreto, come i numeri naturali.
Ecco perché alla scuola Montessori i numeri si possono toccare, comporre, ecco perché lì senti dire dai bambini: “oggi ho giocato con le moltiplicazioni” ed ecco perché…
…fin dal nido i bambini acquisiscono concetti matematici senza fatica e senza che lo “insegniamo”. Concetti che saranno poi la base per tutte le generalizzazioni proprie della matematica.
C’è una interessante tesi, discussa all’Università di Siena, che mostra proprio questo basandosi sull’osservazione sul campo dei bambini e delle loro intuizioni matematiche.
Già, i bambini. Oggi i bambini vivono immersi in un ambiente fatto di immagini che li bombardano da ogni parte.
Anche un certo ragazzino di nome Albert, Albert Einstein, aveva la testa piena di immagini, tanto da farlo considerare piuttosto svagato e distratto a scuola.
Ma immagini che gli hanno fatto scattare quel meccanismo che poi ha portato alla teoria della relatività. Il ragazzino Albert, a 16 anni si domandava: “che cosa succederebbe se cavalcassi un raggio di luce?”
Immagini che riempivano la sua testa, immagini che lo aiutavano a capire concetti ed idee matematiche e fisiche.
Quali sono invece le immagini che entrano nella testa dei nostri ragazzi? Per esempio quelle dei videogiochi. Ora non entro nel merito e non giudico la violenza di questo particolare esempio (a mo’ di giustificazione devo dire che è l’unico filmato da un videogioco che sono riuscito a trovare). Ma vorrei farvi notare che volendo vederla, qui di matematica c’è n’è tantissima: per calcolare la prospettiva, le traiettorie, i fumi.
Matematica che deve essere veloce e plausibile. Per esempio il fumo, per essere credibile, non può essere generato semplicemente in maniera casuale, segue leggi matematiche ben precise chiamate rumore di Perlin.
Anche la grafica pacifica di questi geniali video musicali richiede tantissima matematica.
Per esempio pensate a muovere la mano di uno di questi robot in modo che vada dove volete voi.
Calcolare questi angoli in base alla traiettoria della mano non è banale, ma senza matematica tutto il campo della Computer Graphics, ed il mio lavoro di visualizzazione, non esisterebbero.
Torniamo al mondo dei ragazzi. Mi colpisce come sono affascinati dalla trasformazione: ragazzi che diventano dragoni o alieni, macchine che si trasformano in robot. E la trasformazione sempre dà poteri superiori che ovviamente servono per salvare il mondo.
La matematica pure ha una lunga tradizione di trasformazioni per ottenere maggiori poteri e semplificare il lavoro.
Prendiamo il logaritmo: trasforma le moltiplicazioni in somme e le potenze in moltiplicazioni. Trasforma operazioni complicate in operazioni semplici.
Il logaritmo è anche uno dei vecchi trucchi per capire le informazioni nascoste dietro ai numeri.
Questo è uno dei grafici che derivano dal mio studio sui cristalli. I punti non sembrano messi a caso, anzi. Chiedo aiuto al logaritmo.
Che porta tutti i punti a disporsi abbastanza bene su una retta.
Questo fa sicuramente inorridire un matematico: un punto per lui o cade o non cade su una retta. Ma spesso paga di più essere un po’ flessibili. E poi lo studio delle approssimazioni è a sua volta matematica.
Sempre col logaritmo torno indietro…
…ed ecco su quale curva cadono i miei punti.
Ancora una volta dall’aver trovato una bella relazione al capire che cosa significa, ne passa.
E poi i logaritmi nella musica: l’orecchio esegue logaritmi ad ogni momento (per questo usiamo i decibel per misurare l’intensità sonora), la scala musicale è logaritmica…
…come del resto di matematica la musica è piena. Un’altra bella contaminazione fra discipline, che però ora lasciamo in disparte…
…e torniamo a quello che vedono i ragazzi. Ogni lettore di musica può mostrare visualizzazioni come queste. Ma vi siete mai chiesti che cosa mostrano? Ancora matematica…
…e ancora una trasformazione per aiutarci a salvare il mondo. La trasformata di Fourier che trasforma segnali complessi, come la musica, nella somma di segnali semplici di cui posso mostrare l’ampiezza sullo schermo del mio lettore MP3.
Insomma, di Transformers la matematica è piena, sta a noi trovarli e utilizzarli.
Un’altra idea che gira è che la matematica è complessa. Che per ottenere effetti complessi servono cause complicate. Non è vero.
Avete presente i frattali? Esplorare un frattale è quasi inquietante per la complessità che nasconde.
Ma un frattale bellissimo come l’insieme di Mandelbrot è generato da una formula semplicissima: elevare al quadrato e sommare.
Conoscete il gioco Life di Conway? Da uno stato iniziale di punti sparsi su una griglia evolvono forme strane e raggruppamenti mobili.
Il tutto è governato da sole tre regole e la matematica usata non va oltre la somma di otto numeri ed un confronto.
Mi potreste obiettare che è solo un modo carino di passare il tempo, ma le idee che sono alla base di questo gioco sono diventate il punto di partenza per…
…tutta una serie di metodi di calcolo abbastanza poco ortodossi che prendono idee dall’evoluzione biologica e che si chiamano algoritmi genetici, algoritmi evolutivi ed automi cellulari. Sui miei calcolatori girano alcune di queste applicazioni per fini molto seri. Per esempio un algoritmo genetico ha generato i diecimila cristalli che sto analizzando io.
Vedete quelle cose che sembrano delle graffette dopo che ci ha giocato un bambino? Sono un esempio famoso di applicazione di queste idee fatta alla NASA per creare un’antenna per una sonda spaziale. Nessun essere umano le ha progettate, si sono evolute come fanno gli esseri viventi fino a raggiungere lo stato più vantaggioso o, come in questo caso, fino a produrre l’antenna più efficiente.
Avrete visto nel corso di questa chiacchierata come le varie idee e le varie discipline non vivono in compartimenti stagni. Qualcuno disse che le scoperte scientifiche più interessanti avvengono sul confine fra le discipline. E io posso testimoniare che, almeno nel mio caso, è proprio così.
Tutto questo ancora una volta rimanda alle idee di Maria Montessori. La sua “Educazione cosmica” sottolinea proprio questo: siamo collegati fra di noi e con ciò che abbiamo attorno.
Fino a qui spero di aver stimolato qualche idea che possa rendere meno preistorica la matematica che presentiamo a scuola.
Ora vediamo qualche spunto, basato sulla mia esperienza, che possa aiutarci ad avvicinare alla matematica i nostri studenti e figli.
Prima cosa: insegnare con entusiasmo. “La passione genera talento” diceva qualcuno. Ma per mettere passione bisogna conoscere, non solo la materia, ma anche quello che le sta attorno.
Per questo ci possono aiutare tanti materiali, dai cartoni animati, ai libri che raccontano la storia delle scoperte matematiche, del come lavorano i matematici eccetera.
L’ultimo libro di argomento matematico che ho letto (L’enigma di Poincaré) è quasi un romanzo giallo col mistero del matematico che ha risolto l’enigma ed ha rifiutato il premio da un milione di dollari.
E poi saper raccontare storie.
Noi siamo “cablati” per raccontare ed ascoltare storie. Se ci pensate una bella storia la vedete letteralmente nella vostra mente. E questo gli scienziati del passato lo sapevano. Raccontavano le loro scoperte come una storia o un dialogo, non con aride pagine di formule.
Insegnare a guardare. Noi vediamo, ma spesso non guardiamo.
Passiamo tanto tempo a scuola ad insegnare a disegnare, ma…
…non ne spendiamo nemmeno un po’ per insegnare ad interpretare un disegno, a capire quello che vuole comunicare.
Nel mio lavoro, per esempio, posso trasformare i numeri in bellissime rappresentazioni grafiche per facilitare la comprensione, ma se manca un minimo di “alfabetizzazione visuale” le rappresentazioni grafiche non sono nulla più di belle immagini.
Saper vedere ha anche un risvolto molto pratico. Se guardiamo riusciamo a non farci truffare. Guardate ad esempio questa offerta: 1000 ore gratis da spendere in 45 giorni. Chi vede solamente rimane colpito dalle 1000 ore…
…ma se guarda, se va oltre i numeri, si accorge che non ce la farà mai ad usufruire dell’offerta, che si rivela appunto uno specchietto per le allodole.
Idem con i numeri. Da questo grafico sembra che i furti siano stati dimezzati in un anno. Ma guardate la scala verticale con più attenzione.
Se la facciamo partire da zero, si vede subito che in realtà non è cambiato nulla.
Grafici come questo erano chiamati “Pravda Charts” con ovvio riferimento alla propaganda.
Saper vedere è utile anche in altre discipline, per capire quando qualcosa ha senso oppure no, come l’acqua nel bicchiere qui disegnato o la coppia di cubi che dovrebbero essere uguali.
Io spero che allargando gli orizzonti, collegando materie e discipline, con entusiasmo e raccontando storie avvincenti possa tornare il tempo in cui la matematica ci restituisce quel “Sense of Wonder” il senso di meraviglia che dovrebbero trasmetterci la scienza e la natura attorno a noi.
Grazie per l’attenzione.
Se volete avventurarvi a vedere qualcosa del mio lavoro, ritornate su mariovalle.name/index_ita.html (il link sulla slide è obsoleto).