Mario Valle Web

Ha 104 anni e non li dimostra

Montessori, perché no? Un approccio scientifico dalla parte dei bambini

Teatro S. Marco, Via S. Bernardino 8, Trento — 4 maggio 2013 ore 9:00

[Locandina conferenza]

Il metodo e le idee di Maria Montessori non sono qualcosa del diciannovesimo secolo, qualcosa di vecchio e polveroso. Basta visitare una scuola Montessori per convincersene. Così, tramite la scuola di mio figlio, ho iniziato a conoscere quello che sta dietro ai materiali e gli ambienti. E conoscendo e approfondendo sempre più ho cominciato a trovare punti di contatto tra la proposta Montessori e il mio lavoro in mezzo a scienziati e supercomputer. Senza nulla togliere al lavoro di chi studia professionalmente la pedagogia e le idee educative, sono rimasto impressionato da come le idee e intuizioni di Maria Montessori poggino su una solida base scientifica, anche se lei non le ha mai teorizzate.

La giornata è organizzata dall’associazione “Il Melograno” di Trento.

Il relatore

Mario Valle aiuta ricercatori e scienziati a estrarre il significato nascosto nei numeri prodotti in quantità dai supercomputer del Centro Svizzero di Calcolo Scientifico (CSCS). Aiuto e collaborazione che l’hanno portato a prendere parte a studi e ricerche nei campi più disparati e i cui risultati ha riportato e condiviso in circa 30 pubblicazioni e presentazioni a congressi.

Prima di approdare al CSCS nel 2003 ha lavorato all’Advanced Visual System (AVS), dove ha scoperto l’efficacia della visualizzazione per rendere visibile l’invisibile nascosto nei numeri e alla Digital Equipment (DEC) dove ha studiato e creato strumenti per usare al meglio la potenza dei computer. Ancor prima, quando i calcolatori usavano ancora le schede perforate, si è laureato in ingegneria elettronica presso l’Università di Roma “La Sapienza”.

Non ci sono però solo scienza e numeri nelle sue giornate. Tramite suo figlio, che ha frequentato una scuola Montessori, è arrivato a scoprire come due mondi apparentemente distanti, quello del progetto Montessori e quello del supercalcolo, in realtà abbiano molti, interessanti punti di contatto. Quando può, contribuisce con le sue riflessioni su questi temi alle attività di varie associazioni in ambito Montessori e non.

 

La presentazione

Buonasera!

Ha 104 anni e non li dimostra.

Mi direte che non tornano i conti, perché Maria Montessori è nata nell’agosto 1870 e quindi nel 2013 compirebbe 143 anni.

Ma io mi sto riferendo alle sue idee come sono raccolte nel…

…suo libro “Il metodo della pedagogia scientifica” che, appunto, è stato pubblicato 104 anni fa nel 1909.

E nel mio ambiente, nell’ambiente scientifico…

…un’idea non esiste veramente finché non viene pubblicata in una rivista scientifica o in un libro.

Sì, io nell’ambiente scientifico ci sguazzo, specialmente al Centro Svizzero di Calcolo Scientifico (CSCS) dove lavoro.

Dove quotidianamente mi muovo in mezzo ad alcuni dei più potenti supercomputer del mondo, come Piz Daint che è il 42º al mondo.

E dove tutto il giorno sono in mezzo a ricercatori e scienziati, non a bambini.

Non sono qui però per parlarvi di questo.

Sono qui come papà che ha scelto la scuola Montessori per suo figlio. All’inizio sapevo solo che io e mia moglie desideravamo una scuola che innanzitutto lo rispettasse come persona.

Per il resto la scelta è stata un po’ un atto di fede.

Poi tramite, gli occhi di nostro figlio, abbiamo scoperto qualcosa di meraviglioso. Innanzitutto abbiamo visto che era contento di andare a scuola e poi che ci parlava di giocare con i numeri o di lavori di grammatica.

Questo ci ha spinto a leggere e studiare e le idee di Maria Montessori che vedevamo prendere vita attraverso i suoi occhi, e queste idee ci sono piaciute sempre di più.

Non solo, io pian pianino ho cominciato a trovare molti paralleli tra il mio lavoro…

…e le proposte e le idee montessoriane.

Anzi se volete saperne di più su questi paralleli, c’è un mio articolo sul Quaderno Montessori n. 100.

Oggi invece voglio concentrarmi su un altro aspetto della figura di Maria Montessori.

Voglio convincervi che questa donna ha avuto idee e intuizioni che precorrevano i tempi e che hanno il potere di cambiare il futuro di tante persone, di tanti bambini.

Intuizioni che non derivano da teorie o «wishful thinking»…

…ma sono idee solide, sviluppate con metodo scientifico, quindi sperimentando e osservando, …

… come fanno ancor oggi tutte le maestre Montessori.

Mi fanno ridere i detrattori del metodo che dicono che non è scientifico perché Maria Montessori non ha prodotto tabelle, grafici o test statistici.

Non sanno cosa vuol dire metodo scientifico e non capiscono che stiamo parlando della fine dell’ottocento.

Ma se vi guardate in giro senza preconcetti vi accorgerete che ci sono vari ricercatori che stanno producendo i grafici e gli studi statistici che sembravano mancare nei libri della Dottoressa.

Come per esempio Angeline Stoll Lillard che ha analizzato gli effetti di un’educazione Montessori su bambini di 5 e 12 anni confrontandoli con bambini simili che però hanno frequentato una scuola tradizionale.

Oppure la dottoressa Donatella Pecori a Firenze che analizza, con tanto di filmati e grafici, il fenomeno della «normalizzazione» tanto studiato da Maria Montessori.

Senza trascurare però quegli studi che, sebbene non citino Montessori, alla fine finiscono per sostenere la scientificità dei materiali o dei suoi approcci metodologici.

Come questo esempio che dimostra come i bambini abbiano una rappresentazione mentale della linea dei numeri non uniforme, logaritmica. Una rappresentazione molto rarefatta all’inizio della linea e via via più ammassata verso il fondo. Non solo, i ricercatori dimostrano anche che man mano questa linea diviene più uniforme i bambini acquisiscono una maggiore capacità di ricordare i numeri.

Bene, il materiale Montessori della catena del mille viene etichettato dal bambino in maniera esattamente opposta alla distribuzione non lineare che ha nella mente: etichette addensate all’inizio poi via via più rade. Come se questo lavoro cercasse di uniformare la distribuzione dei numeri nella rappresentazione mentale che ha il bambino.

Un caso? Non credo. Per me è un’altra delle intuizioni scientifiche che la Dottoressa ci ha elargito in anticipo sui tempi.

Maria Montessori, in «La formazione dell’uomo» scrive «Io ho solo iniziato il lavoro». Un po’ come ci esortasse ad aggiungere quei grafici e test statistici che lei non ha fatto in tempo a inserire nei suoi libri.

Lungi dal volermi sostituire ai pedagogisti, psicologi e neurofisiologi che studiano e approfondiscono le idee montessoriane, ho provato a studiare come tanti aspetti che sono dati per scontati nel mio ambiente scientifico, invece si ritrovino nel progetto Montessori. Un lavoro che è iniziato con questa mappa concettuale, ma che poi mi è letteralmente esploso tra le mani mostrandomi collegamenti e manifestazioni che nemmeno sospettavo.

Ma andiamo ad analizzare alcuni di questi aspetti.

Il primo aspetto è il pensare con le mani e, aggiungo io, con gli occhi.

Al CSCS i supercomputer producono numeri a getto continuo. Il problema è comprenderli, il problema per lo scienziato è trovare nei risultati delle sue simulazioni la conferma delle sue ipotesi, oppure nuove e inaspettate idee.

Così cerchiamo di trasformarli in immagini e animazioni come questa che mostra il movimento dell’acqua in una turbina idroelettrica Francis.

Oppure qui in cui viene reso visibile il comportamento della proteina precursore dell’ Alzheimer che tesse le sue mortali fibrille che uccideranno i neuroni.

Ma al CSCS non dobbiamo ragionare solamente sulle geometrie visuali che rendono comprensibili i dati. Ci servono schemi e diagrammi anche per progettare i programmi di simulazione, per capire come sono collegate tra loro le variabili del programma, come mostrato nell’immagine, e quale percorso questo dovrà intraprendere per portare a termine i calcoli necessari.

E come si arriva a questo? Solo col puro pensiero astratto? No!

Ci si arriva spesso scarabocchiando schemi incomprensibili su una lavagna…

…oppure gesticolando per, in un certo senso, concretizzare a mezz’aria le idee cha abbiamo nella testa.

Ma si riesce ad arrivare letteralmente a pensare con le mani con il supporto di modelli mentali solo se prima si è imparato a manipolare oggetti reali con le mani.

E allora ben vengano le manipolazioni degli incastri che si fanno alla Casa dei Bambini.

Ben venga la manipolazione di concetti astratti come quello di nazione o di confine politico una volta resi concreti negli incastri geografici che si possano manipolare e vedere.

Ma il gesticolare non è l’unica maniera in cui gli scienziati pensano con le mani.

Ci sono metodi grafici, come le mind-maps, in cui il fatto di scrivere, i colori, le frecce, i disegni aiutano a creare, a riassumere un libro o a capire un concetto.

Per esempio questa è la mind-map fatta da uno dei partecipanti a una mia conferenza. In un disegno ha condensato tutto quello che ho presentato. E scommetto che il fatto di usare le mani per crearla lo ha aiutato a scolpirsi in mente i contenuti senza dover ricorrere ad appunti che spesso divengono incomprensibili quasi subito dopo averli scritti.

Inoltre questi metodi grafici non sono qualcosa che possono utilizzare solo gli adulti. Ecco come una mia amica utilizza le mind-maps con i suoi allievi di terza.

Da parte mia ho tenuto una piccola introduzione alle mind-maps alle maestre Montessori di Varese per vedere se e come si potrebbero utilizzare con i bambini della scuola primaria.

Tornando al mio lavoro, sono pochi gli scienziati che possono utilizzare modelli materiali da manipolare per ragionare su qualche idea astratta, come ci mostra questo premio Nobel per la chimica.

Io posso tuttalpiù manipolare un modello sullo schermo, girarci in torno e guardarlo da diversi punti di vista.

Invece alla scuola Montessori manipolano concretamente numeri e moltiplicazioni.

In un certo senso lì si va contro alla perla di saggezza che ci elargiva la nonna…

…che era: “Pensa prima di agire”. Invece alla scuola Montessori si dice nei fatti…

“Pensa facendo!”

Del resto avete mai visto un bambino che prima legge le istruzioni di un videogioco? No! Imparano ad usarlo usandolo.

Insomma, la mano come organo del pensiero, la concretezza sensibile degli oggetti manipolati come metodo per rendere concreti anche i concetti più astratti.

E pensare che lei c’era arrivata già cento anni fa.

Il secondo aspetto è il sapere tot-court

Siamo abituati a un sapere a silos. A scuola le materie sono separate, i libri sono rigorosamente specializzati. Ed esiste anche una gerarchia d’importanza tra le varie materie.

Mentre non è così nella scienza dove le discipline non sono isolate, ma si contaminano e aiutano a vicenda. Basta pensare alla matematica che si ritrova in fisica, in biologia e perfino in psicologia.

Certo, la specializzazione ci aiuta a dominare il sapere sempre più esteso, ma come dice lo scrittore Robert A. Heinlein: “Un essere umano deve essere in grado di cambiare un pannolino, pianificare un’invasione, macellare un maiale, guidare una nave, progettare un edificio, scrivere un sonetto, tenere la contabilità, costruire un muro, aggiustare un osso rotto, confortare i moribondi, prendere ordini, dare ordini, collaborare, agire da solo, risolvere equazioni, analizzare un problema nuovo, raccogliere il letame, programmare un computer, cucinare un pasto saporito, battersi con efficienza, morire valorosamente. La specializzazione va bene per gli insetti”.

E così, scavalcando le separazioni tra materie differenti, la scienza degli adesivi prende in prestito idee dalle zampe dei gechi per creare un super adesivo.

Oppure questa società che produce turbine eoliche che ha preso un’idea dal mondo della zoologia e precisamente dalla struttura delle pinne delle balene e ha creato delle pale da turbina molto più efficienti. Zoologia e fluidodinamica. Chimica e botanica per i vetri che non si bagnano e campi totalmente separati della matematica riuniti per dimostrare il teorema di Fermat…

Ma ragionare così non si impara dalla sera alla mattina, bisogna esservi preparati fin dalla scuola primaria.

E che dire quindi dell’Educazione Cosmica? Insegna proprio che tutto è interconnesso: storia, evoluzione e cultura. Insegna che c’è un’interdipendenza fra noi e il mondo naturale che ci circonda. Ci insegna a guardarci attorno con un senso di meraviglia.

E Maria Montessori riassume il principio sottostante con queste parole.

Stabilire la relazione tra le cose, questo è il segreto.

Tutto il contrario di quando accade in una scuola tradizionale, dove gli argomenti vengono presentati in sequenza, senza deviazioni, senza distrazioni.

Fosse solo questo! Una scuola dove lo studente è considerato un vaso vuoto da riempire.

È proprio strano, le più recenti teorie cognitive vanno in tutt’altra direzione, spiegando che la conoscenza viene acquisita solo se può legarsi a qualcosa che sappiamo già… Invece no, la scuola cerca di scrivere nella mente degli alunni come se fossero fogli bianchi.

Invece in una scuola Montessori si apprende per piani, raggiunta una nuova conoscenza si esplorano i dintorni legano i nuovi concetti a quello appena conquistato. Poi, una volta che il bambino è soddisfatto del livello di conoscenza raggiunto, passa ad un altro piano e così via.

Che poi è quello che accade in internet. Qui ne è mostrata una piccola parte, ma la sua struttura collegata e intrecciata stimola l’esplorazione, a passare da argomento ad argomento. Se fatto in maniera disciplinata, il navigare in internet può portare a scoperte inaspettate. Ecco cosa intendo non creare barriere artificiali per dividere il sapere.

Ed ecco che alla scuola Montessori non si creano inutili divisioni tra età…

…e dove i più piccoli non hanno paura di presentare il loro lavoro ai più grandi.

Il senso della comunità.

Non esiste più lo scienziato isolato che pensa, solo, nella sua torre d’avorio. Alcune collaborazioni scientifiche contano centinaia di ricercatori che lavorano assieme allo stesso esperimento.

Anche il mio articolo su Nature è il risultato dalla collaborazione di tre distinti gruppi, nove persone di quattro nazionalità diverse.

Questa è solo la punta dell’iceberg di quello che si intende con comunità scientifica.

È sempre uno scambiarsi dati ed esperienze, condividere conoscenze, spesso…

…non in maniera formale.

Le conferenze non sono solo sessioni in cui uno presenta e gli altri ascoltano. Sono momenti in cui le migliori idee nascono attorno a una birra o discutendo di un poster.

E si collabora e si impara a portare in ogni gruppo un certo modo di lavorare e di porsi se si inizia a farlo già a scuola. E alla scuola Montessori non è un di più o un momento a parte. È la vita di ogni giorno…

…dove si impara assieme…

…dove ci si aiuta a vicenda.

In fin dei conti la famosa vignetta non è poi così lontana dalla realtà.

Tanto che mi fanno un po’ sorridere certi professori come questo che hanno «scoperto» il peer-learning, l’imparare fra pari. Ma alle scuole Montessori si fa già da cento anni!

Parliamo ora di premi e riconoscimenti.

Questa è una scena che non vedrete mai in una scuola Montessori. Premi, diplomi, stelline sono banditi…

…perché sono una perdita di tempo e sono inutili per l’apprendimento. Non sono i premi che motivano a far meglio.

In questo filmato si parla di uno studio fatto all’MIT. A un gruppo di studenti vennero dati vari e differenti compiti e per motivarli una quantità variabile di denaro. Insomma un tipico schema di incentivi che si trova in tutte le organizzazioni, dalla scuola all’industria.

Che successe? Se il lavoro era prettamente fisico, lo schema funzionava: più denaro uguale più risultati. Ma se il compito richiedeva un impegno cognitivo il risultato era assolutamente opposto: più soldi davano meno risultati.

Nel mio mondo si utilizzano quasi sempre software cosiddetti FOSS cioè Free and Open Source Software. Software che spesso non hanno nulla da invidiare alle loro controparti commerciali.

Ecco, questi programmi sono sviluppati da volontari, da persone che lo fanno perché gli piace, non perché sia remunerato o premiato. E allora che cosa li motiva e li spinge?

Torniamo al filmato al punto dove si domanda quali sono allora i fattori che realmente portano a migliori risultati e una più grande soddisfazione personale. Risulta che sono: Autonomia, Maestria e Scopo.

Guarda caso sono proprio i fattori che motivano chi scrive software FOSS e sono fattori che si ritrovano in ogni scuola Montessori.

Autonomia? Semplice e chiaro: ogni bambino sceglie che cosa fare. Maestria? Fa e rifà sfruttando l’autocorrezione insita in ogni materiale Montessori fino a che sente di averlo padroneggiato, di essere insomma un maestro.

Scopo? Nelle scuole Montessori, fino dal Nido le cose non si fanno per finta. Se si fa una torta, si fa una vera torta come qui.

E, mi sembra inutile dirlo, Maria Montessori ci era arrivata cento anni prima degli studi citati nel filmato di cui sopra.

E infine la concentrazione…

…che è quello che più colpisce chi per la prima volta visita una scuola Montessori.

I bambini sono concentratissimi sia mentre usano i materiali…

…sia nelle esperienze di vita quotidiana.

Negli anni settanta Mihaly Csikszentmihalyi, uno psicologo, analizzò quello stato di profonda concentrazione che chiamò «Flow». Il Flow è uno stato in cui si è totalmente immersi nell’attività, si perde la nozione del tempo e si è intrinsecamente motivati.

Ma, caro professor Csikszentmihalyi, basta visitare una scuola Montessori per vedere che queste sue idee sono all’opera da tanti, tantissimi anni e che…

…una Dottoressa aveva descritto lo stato di Flow ben prima di lei.

Uno degli allievi di Csikszentmihalyi, Kevin Rathunde, ha iniziato a studiare scientificamente lo stato di Flow nelle scuole Montessori (Montessori education and optimal experience: a framework for new research). Ecco un altro esempio di idee che ancor oggi non sono state approfondite a sufficienza. E non lo dico io, lo dice proprio Kevin Rathunde in questo articolo.

Csikszentmihalyi nei suoi libri raccoglie una lista delle condizioni necessarie perché un’attività produca uno stato di «Flow» A chi la esegue. Primo: devono esserci delle regole chiare e condivise…

…e le regole si trovano nelle scuole Montessori. A proposito, è un trito luogo comune che lì i bambini fanno ciò che vogliono.

Poi, per far entrare in flow, l’attività deve avere uno scopo ben preciso e dare un feedback chiaro su a che punto ci si trova.

Questo semplice lavoro, infilare perline su un filo, risponde a questi requisiti. Per esempio il filo è della lunghezza giusta per cui il bambino sa sempre a che punto si trova del suo lavoro.

Ma la più importante precondizione del flow che deve esserci un bilanciamento tra capacità individuali e difficoltà della situazione.

L’obiettivo è muoversi sempre nel canale del flow in cui esiste questo bilanciamento.

Se l’attività è troppo facile (linea orizzontale) il bambino si annoia. Se la sfida è troppo complicata si genera solo ansietà e scoraggiamento (linea verticale).

Compito dell’insegnante è allora quello di proporre al bambino attività che lo mantengano all’interno del canale del flow. E come fa?

Lo fa osservando, come fa una qualsiasi maestra Montessori del mondo.

Da un lato la maestra propone un percorso, come in una gara di rally. Dall’altro il bambino controlla la propria attività per mantenersi in pista, cioè nel flow.

Questo esempio mi porta a un ultimo argomento in cui ancora una volta Maria Montessori ha anticipato di anni studi e teorie moderne.

Il regolarsi in modo da rimanere nel canale del flow mi ricorda un po’ i sistemi di regolazione presenti sin dal settecento sulle macchine a vapore. La macchina gira troppo piano e allora le sfere scendono e si apre maggiormente la valvola del vapore. Gira troppo veloce, le sfere salgono e si chiude la valvola del vapore.

Ma proprio negli anni settanta, William T Powers ha proposto la cosiddetta Perceptual Control Theory (PCT) per spiegare come gli esseri viventi controllino l’ambiente circostante e il proprio comportamento. La PCT è una teoria piuttosto interessante e ha svariate applicazioni nello studio dell’apprendimento…

…come ha fatto Gary Cziko nel suo libro «Without Miracles». E ancora una volta lì ritroviamo tante idee presenti nei libri e nella prassi di Maria Montessori.

Insomma, per concludere, le idee montessoriane non sono vecchie e polverose e non sono fuori dalla realtà. Anzi, il dottor Steven Hughes, presidente dell’accademia americana di neuropsicologia pediatrica, arriva ad affermare che “Maria Montessori ha realmente fatto tutto giusto. Ha anticipato così tanto di quello che ora conosciamo riguardo alle neuroscienze, allo sviluppo della mente e ai modelli ottimali di educazione.”

E tutto merito di una scienziata di cento anni fa.

Grazie per l’attenzione!

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